TRA NICCHIA E GRANDE PUBBLICO, IL BIVIO DELL’ARTE CONTEMPORANEA

02/07/2015

Arte Contemporanea



Sono mesi di intenso dibattito nel mondo dell’arte contemporanea: due curatori di livello mondiale – Klaus Biesenbach e Jeffrey Deitch – sono “sotto accusa” per aver portato all’interno di istituzioni museali leggendarie come il MoCA di Los Angeles e il MoMA di New York, mostre troppo lontane dallo spirito del luogo. Troppo contaminate con altri mondi, come nel caso della mostra di Bjork voluta proprio da Biesenbach nel prestigioso museo di New York, o con James Franco, cui Deitch diede ampio spazio a Los Angeles.

Deitch ha difeso con orgoglio le scelte del collega, affini alle proprie, spiegando che l’élite accademica non può più permettersi di decidere cosa dare al pubblico e soprattutto che questo pubblico è affamato di un’arte il più possibile contaminata, un’arte cross-over.

L’eco del “fallimento” di Biesenbach al MoMA di New York ha fatto il giro del mondo, con tanto di divertite ricostruzioni dell’anteprima con Bjork riservata ai membri dei trustee del museo. Un club di finanziatori per entrare nel quale bisogna sborsare circa 7 milioni di dollari, dove qualcuno dei pochi presenti all’anteprima ha definito l’allestimento di Bjork simile a “un nightclub di Ibiza”. In uno dei musei più importanti al mondo.

Qual è la soluzione quindi? Alzare muri non è mai una buona soluzione. Tra capacità di allestire mostre accessibili al grande pubblico e banalizzare i contenuti ci sono infinite sfumature, e ogni scelta ha i suoi pro e contro. Ed è un dilemma difficile, anche per un’istituzione museale da sempre aperta alle contaminazioni come il MoMA. Costretto, malgrado la posizione, a scontrarsi con un mondo dell’arte solo in apparenza aperto all’innovazione: ma più spesso decisamente conservatore.