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Surfer, breve storia di John Severson

In ogni ambito della vita esistono visionari capaci di vedere più avanti, di creare dal nulla qualcosa di impensabile prima: nel mondo del surf questo ruolo l’ha avuto John Severson. Un libro uscito a settembre per Damiani permette di ripercorrere la biografia di questo surfer – classe 1933 – che da un trasferimento forzoso alle Hawaii quando ancora era membro della US Army è riuscito a creare il mito della surf mania.

Prima come pittore – vendeva le sue tele sulla spiaggia negli anni cinquanta – poi come fotografo e videomaker – il film “Un mercoledì da leoni” prende in prestito il titolo di un suo corto degli anni sessanta – e infine come editore di SURFER, rivista leggendaria che per prima diede impulso alla visibilità del surf a livello mondiale. Non per niente si dice che prima di John Severson non esistessero né surf media, né surf industry né surf culture: lui diede il via a tutto questo, già dagli anni sessanta del secolo scorso.

Non tanto per calcolo, come spiega John, quanto perché “Per prima cosa, cercavo di fare qualcosa di così bello che volessi condividerlo con gli altri”: forse la spinta migliore che si possa avere in qualunque ambito della vita. John oggi vive alle Hawaii, ha venduto il magazine all’inizio degli anni settanta e ha scelto di godersi la vita. Ma non pensiamo a lui solo come a un romantico surfer degli anni sessanta, magari un po’ naïf.

No, John sapeva dall’inizio quale onda far prendere alla sua vita: “Prima che sposassi Louise, mi chiese se avessi un piano decennale, e le dissi che ce l’avevo. Avrei lavorato per dieci anni nel mondo del surf, risparmiato qualcosa, e poi mollato tutto in modo che potessimo passare il resto della nostra vita all’avventura, viaggiando e dipingendo. Volevo una vita più semplice, non da artista affamato, ma quasi! Molto spesso piani del genere non funzionano, ma questo sì. Ha funzionato!”.

Direi proprio di sì John, ha funzionato.

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