Super Bowl: la macchina perfetta dello sport professionistico USA

16/02/2012

Sport



C’è un evento negli Stati Uniti che rivela meglio di ogni altro la potenza simbolica e concreta dello sport: il Super Bowl, cioè la finale del campionato professionistico di football americano che si è tenuta pochi giorni fa, il 5 febbraio, con la vittoria dei New York Giants.

La costituzione e l’organizzazione della NFL (National Football League), come pure degli altri principali sport a larga diffusione, è fatta di franchigie (squadre) che nascono sostanzialmente per due ragioni: dare stabilità al campionato e impedire la retrocessione in serie inferiore di un club.

Questa è una visione diametralmente opposta all’approccio degli sport di quasi tutti i più importanti campionati europei, poiché stabilisce, in perfetta sintonia con la cultura americana, il diritto economico prevalente su quello sportivo. Traduzione: se vuoi fare sport professionistico negli USA devi avere prima di ogni altra cosa la capacità economica per poterlo fare; diversamente perdi tale diritto e puoi pensare alla pratica sportiva amatoriale.

Da qui, tutte le fisiologiche conseguenze: al di là dei regolamenti ferrei che disciplinano l’attività delle franchigie puntando al maggiore equilibrio delle forze possibile su cui occorrerebbe competenza tecnica per l’approfondimento, mi piace evidenziare l’aspetto squisitamente culturale insito nella sua scelta. Dovendo sottostare a precisi requisiti economici, gran parte dell’attività della Lega professionistica e dei club è assolutamente marketing oriented. La macchina deve generare ricavi e il connubio con i media diventa irrinunciabile.

Certo che, indipendentemente dal fatto che uno possa essere o non essere d’accordo con questo approccio allo sport, bisogna ammettere che i “risultati” sono impressionanti: la finale di quest’anno ha avuto una audience media, nei soli Stati Uniti, di 160 milioni di spettatori! Niente male per una partita…