Torno sul tema dell’istruzione, di cui ho già parlato in un altro post e di cui riparlerò senz’altro: è uno dei miei argomenti preferiti, poiché riguarda il futuro dei giovani e, quindi, della nostra società.
Oggi vorrei proporre un punto di vista diverso da quello, che mi è più familiare, del rapporto fra scuola e impresa, ma non per questo meno interessante. È quello sostenuto dalla filosofa americana Martha Nussbaum, in un libro uscito in Italia non molto tempo fa, intitolato Non per profitto. Il sottotitolo del libro dice già molto: “Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica”.
Mentre di solito si discute dell’istruzione scolastica e universitaria in relazione al mercato del lavoro e alle prospettive occupazionali (in Italia, un problema serissimo), Martha Nussbaum affronta la questione da un’altra prospettiva, per certi versi opposta.
La filosofa americana si interroga sulla crisi del sistema dell’istruzione e la riconduce alla tendenza, molto diffusa su scala globale, a privilegiare una formazione di tipo tecnico, funzionale al sistema economico, a discapito però della cultura umanistica – letteraria, artistica, filosofica –, vittima di continui tagli economici e di una silenziosa emarginazione.
Il rischio, sostiene la Nussbaum, non è soltanto la scomparsa di una tradizione che deve essere salvaguardata, ma anche e soprattutto l’indebolimento di alcune abilità dal cui esercizio dipende la buona salute delle nostre società democratiche: la capacità di formulare ragionamenti e di elaborare argomentazioni pubblicamente discutibili, una spiccata sensibilità morale nei confronti degli altri, l’immaginazione coltivata attraverso la letteratura e le arti. Insomma, tutto quello che, al di là delle nostre specifiche competenze professionali, fa di noi dei cittadini maturi, capaci di vivere responsabilmente all’interno di un mondo sempre più complesso e sfuggente.
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