Burri a New York

02/02/2016

Arte Contemporanea



Ho da poco visto una mostra straordinaria, in un altrettanto meraviglioso museo che è il Guggenheim di New York. È qui che la curatrice Emily Braun ha progettato The Trauma of Painting, una grande retrospettiva di Alberto Burri, la prima negli Stati Uniti dopo ben 35 anni nonchè la più completa mai realizzata.

L’allestimento stesso ha reso questa mostra speciale; Il luogo prescelto è stato infatti la Rotunda del Guggenheim: sei rampe ascendenti nelle quali si svelava al pubblico, cronologicamente e stilisticamente, il percorso dell’artista attraverso vari supporti, superfici e colori. È stata proprio la Braun ad aver raccontato in un’intervista alla Stampa di aver selezionato le opere di Burri in modo che si potessero adattare allo spazio espositivo a spirale della rotonda di Frank Lloyd Wright; la rampa rappresentava la soluzione ideale per svelare a ogni svolta le diverse serie dell’artista. E ve lo garantisco, era proprio così.

Ma chi era Alberto Burri?

Nato cent’anni fa a Città di Castello, fu ufficiale medico nel corso della seconda guerra mondiale. Fatto prigioniero in Tunisia dagli americani, fu recluso, insieme a Giuseppe Berto e Beppe Niccolai, nel “criminal camp” per non cooperatori del campo di concentramento di Hereford in Texas, dove cominciò a dipingere. Esperienza indelebile, per Burri; come indelebili furono gli stenti patiti e l’eterna fame. Fu proprio qui che nacque il suo percorso artistico, fatto di elementi della quotidianità. Burri è stato definito poeta della materia, instancabile amante dei materiali poveri grazie ai quali inventò un nuovo linguaggio, fatto di oggetti grezzi che assumevano una loro identità. Centellinando l’uso della pittura e del pennello, l’artista preferiva la lavorazione della superficie per mezzo di cuciture, combustioni e lacerazioni.

Il grande artista umbro è oggi conosciuto in tutto il mondo per la sua serie di Sacchi, realizzati appunto con resti di sacchi cuciti e rattoppati e tele strappate; un lavoro pionieristico il suo, con una cifra stilistica importante e materica. Molto meno note al pubblico americano sono le altre serie: Catrami, Muffe, Gobbi, Bianchi, Legni, Ferri, Combustioni plastiche, Cretti e Cellotex, tutte rappresentate in maniera approfondita in questo giusto, doveroso, omaggio del Guggenheim.