Steve McCurry. Icons

16/01/2017

Arte Contemporanea



Qualche tempo fa sono stato in Sicilia dove non ho potuto mancare la mostra di uno dei fotografi che più amo in assoluto, Steve McCurry. Nato a Philadelphia nel 1950, membro dell’agenzia Magnum (fondata nel 1947 da fotografi del calibro di Robert Capa e Henri Cartier-Bresson) dal 1986, nella sua lunga carriera ha collaborato con le riviste più prestigiose, da Time a Life a Newsweek a Geo, ed è stato più volte premiato con il Wordl Press Photo Award, considerato il Nobel della fotografia.

“Steve McCurry. Icons” è aperta fino a febbraio, alla Gam (Galleria d’arte moderna) di Palermo: oltre cento scatti per rappresentare egregiamente la complessità delle esperienze del grande fotografo americano, che ha fatto del viaggio uno stile di vita (ancora adesso è sempre in viaggio da un continente all’altro): dall’America all’Italia, alla Cina, dai reportage dall’India e dall’Afghanistan, dove nel 1984 ritrae in un campo profughi la ragazza apparsa sulla copertina di “National Geographic” e diventata il simbolo di un tempo senza pace.

E ancora, immagini di guerra e devastazione, ma anche paesaggi che sono poesie, e sguardi di uomini, donne e bambini, provenienti da terre lontane, ciascuno dei quali con una storia degna di essere raccontata. Guardando le foto di McCurry è davvero possibile alle volte attraversare frontiere e sentirsi parte di quei sentimenti universali di cui è fatta l’umanità che popola le sue immagini. La visita della mostra diventa un viaggio negli stessi luoghi fissati dal fotografo, in quella misteriosa sospensione del tempo che è lo scatto.

In mostra è presente anche l’emozionante video di National Geographic dedicato alla lunga ricerca che nel 2002 ha consentito al fotografo di ritrovare la ragazza afghana, ormai adulta. La rassegna è aperta fino al 19 febbraio 2017, consigliatissima.