Lunedì scorso Marissa Mayer è stata nominata CEO di Yahoo!. La notizia ha avuto un’enorme risonanza sui media di tutto il mondo. Se ne è parlato tanto perché Mayer, che ha alle spalle una lunga esperienza in Google, rappresenta un esempio eccezionale: oltre a essere una delle poche donne a ricoprire ruoli dirigenziali di quel livello, è all’ottavo mese di gravidanza e non ha ancora compiuto 40 anni.
Pensandoci bene, però, a stupirmi è proprio lo stupore. In altre parole, perché la storia di Marissa Mayer deve rimanere un caso talmente isolato da finire sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo?
Provo a rispondere a questa domanda riallacciandomi a un altro episodio recente: negli Stati Uniti si è molto discusso (e si sta tuttora discutendo) di un saggio scritto su The Atlantic da Anne-Marie Slaughter, docente a Princeton ed ex consigliera di Obama, che ha spiegato pubblicamente le ragioni per cui si è recentemente dimessa dal suo incarico alla Casa Bianca. “Le donne non possono avere tutto”, ha titolato l’articolo: non possono avere carriera e figli, non possono ambire a essere contemporaneamente leader e madri. Il che, detto da un’intellettuale liberal di altissimo livello, ha fatto ancora più scalpore e ha suscitato un dibattito con pochi precedenti nella storia americana.
La questione resta apertissima e non ho la pretesa di giungere ad alcuna conclusione su un tema così ampio e profondo. Quello che è certo, in ogni caso (e prescindendo dal caso Slaughter, su cui mi piacerebbe tornare in futuro), è che c’è ancora molto da fare per mettere le donne nelle condizioni di dare il loro contributo alla società, non solo come madri ma anche come professioniste e come manager. Perché – di questo sono profondamente convinto, tanto da averne già parlato qui e qui – una donna porta nel lavoro, e addirittura in misura particolare nel lavoro manageriale, una sensibilità diversa, in genere più incline alla mediazione, all’inclusione, alla relazione, all’armonia.
Lo ripeto ancora una volta: se auspico un mondo con più donne in posizione di responsabilità, non è solo perché ho a cuore le opportunità delle donne stesse, ma è soprattutto perché siamo noi – la società, le aziende, le organizzazioni – ad avere bisogno di loro. Per rimettere in circolo idee, sensibilità, energie che, specie in un periodo di transizione come l’attuale, potrebbero rivelarsi preziose.
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