Internet, l’intelligenza collettiva e il destino dell’individuo

03/12/2012

Filosofia



Tra studiosi e appassionati della rete si è molto parlato, nelle ultime settimane, di un libro curioso, La stanza intelligente di David Weinberger. La tesi del libro è che, attraverso la rete, si starebbe affermando un nuovo tipo di conoscenza, che non appartiene più agli individui, ma alla “macchina”, alla rete stessa, a quella stanza immateriale e priva di pareti che è il web.

La novità è che il web, visto da questa prospettiva, non sarebbe soltanto un supporto e un serbatoio di dati, ma un’entità in qualche modo pensante, che si nutre dell’intelligenza dei singoli, superandola: un super-cervello collettivo infinitamente potente, capace di abbracciare campi sterminati e di elaborare, attraverso il networking, tutte le informazioni in un’intelligenza anonima e superiore.

In un altro post mi è già capitato di parlare del rischio, denunciato da alcuni, che internet ci stia rendendo più stupidi. Il libro di Weinberger, apparentemente, ci dice l’opposto. Il network è molto più intelligente di qualunque individuo. È una comunità composta da una moltitudine di persone anonime, intercambiabili, che discutono, dibattono e aggiungono ciascuna un piccolo pezzo a questa sconfinata enciclopedia pensante.

Una prospettiva per certi aspetti affascinante e suggestiva, ma che, per quanto mi riguarda, potrebbe destare anche qualche timore. Se siamo destinati a essere sempre più intelligenti come collettività, che ne è del singolo individuo, del suo ingegno, della sua capacità di ragionare e di giudicare?

Che ne è, infine, del privilegio che ciascuno di noi ha di poter fare sempre la differenza, di introdurre un elemento di imprevedibilità nell’ordine delle cose? Non sono un esperto in materia, ma ogni volta che sento parlare dei benefici del networking non riesco a evitare di pormi queste domande. Una, in particolare: “intelligenza collettiva” non potrebbe significare anche “intelligenza omologata”?