I dilettanti del doping

13/04/2012

Sport



Torno sul tema dello sport, una delle mie passioni. Nei giorni scorsi ho dedicato un post ai rischi che possono derivare, per i più giovani, dallo sport preso troppo sul serio, ai danni – fisici e psicologici – da eccesso di agonismo.

Nei giorni successivi ho continuato a pensare all’argomento e a parlarne con amici appassionati. E mi sono reso conto che c’è un altro aspetto, altrettanto inquietante e per certi versi paradossale: il doping. Tutti abbiamo in mente storie di atleti, anche molto affermati, che hanno messo a repentaglio carriere e salute a causa dell’assunzione di sostanze illegali.

Ma, e qui sta l’aspetto paradossale, pochi sanno che la percentuale di atleti dopati è molto più alta nello sport non agonistico, rispetto a quello professionistico: nel 2011, secondo il ministero della Sanità, il doping nel ciclismo ha riguardato il 9% dei ciclisti amatoriali, contro lo 0,9% di quelli professionisti. Capito? Persone “normali” sono disposte a rischiare la vita (e a infrangere la legge) per arrivare fra i primi in una Gran fondo di provincia.

In questo modo si snatura lo sport, non una ma due volte. La prima, perché un’attività che dovrebbe fare bene finisce per fare male, malissimo. La seconda perché lo sport è fatica, è sudore, è stringere i denti, è confronto con se stessi prima che con gli altri; facendo uso di sostanze dopanti qualunque vittoria è falsa.

Ancora una volta, la parola chiave è “misura”. Sport per tutti, a tutte le età. Ma per ogni età, per ogni organismo, per ogni livello di allenamento, per ogni persona deve esserci una misura corretta. In assenza di una formula scientifica, direi quella del divertimento.