Dagmawi Yimer, il mondo che parla all’Italia. Dall’Italia.

09/05/2014

Filosofia



Nell’ultimo decennio abbiamo assistito alla rivoluzione dei media: le tecnologie digitali hanno permesso a chiunque dotato di connessione di esprimersi. Le voci si sono moltiplicate e non sono più soltanto i giornalisti a raccontare le storie. Spesso, sono coloro che partecipano in prima persona a un evento a raccontare ciò che hanno visto. Anche a eventi tragici, lontani da quello che sarebbe il comune sentire dell’uomo occidentale.

Un caso emblematico è Dagmawi Yimer, regista etiope arrivato in Italia da quella porta d’ingresso terribile e spesso cruenta che è Lampedusa. Da anni produce documentari sulle esperienze dei migranti, da qualche mese si parla di lui per il suo nuovo lavoro “Va’ Pensiero, storie ambulanti”. Dagmawi è riuscito a creare un volano interessante: la Rete lo ha accolto, i media nazionali danno luce al suo personaggio, e lui dipinge le storie con i colori di chi ha vissuto l’esperienza dello straniero in Italia. Il quadro che arriva al pubblico è diretto, crudo, senza filtri culturali.

A tante voci che parlano corrispondono altrettante orecchie che ascoltano? Temo di no. Eppure l’ascolto è una capacità fondamentale. Confrontarsi con voci diverse, come quelle degli stranieri, è difficile: ci richiede di essere aperti all’altro, al diverso. E di riconoscere che etichette, come quella di migrante o extracomunitario, sono meccanismi difensivi che ci impediscono un contatto vero. Ci impediscono di essere cittadini del mondo.