Da Atlanta a Napoli: a che cosa serve la cultura umanistica

24/10/2012

Filosofia



A causa dei tagli attuati dal Governo americano, lo staff dei Georgia Archives di Atlanta è stato ridotto. Per questo gli archivi diventeranno presto impossibili da visitare. Perché la notizia desta scalpore? Perché i Georgia Archives custodiscono non soltanto un’infinità di curiosità storiche, ma anche una inestimabile raccolta di documenti, di atti e accordi ufficiali che costituiscono la memoria storica e politica degli Stati Uniti.

La notizia mi ha ricordato un altro episodio di cui si è molto parlato in Italia: l’Istituto per gli Studi filosofici di Napoli, sede di un’importante biblioteca (definita dall’Unesco bene fondamentale per l’umanità), rischia di chiudere per mancanza di fondi. Nelle ultime settimane la notizia ha suscitato preoccupazione in molti studiosi di livello internazionale e, nonostante gli appelli firmati e le proposte presentate, a oggi non è ancora stata trovata una soluzione.

Sono due episodi molto lontani, non solo geograficamente, che però sollevano questioni generali sul ruolo della cultura umanistica e sull’importanza della salvaguardia della memoria storica. Anzitutto, a chi spetta farsi carico di questo “capitale”? I privati possono fare molto, attraverso interventi di mecenatismo o l’istituzione di fondazioni (anche noi, con la Fondazione Benetton, cerchiamo di dare il nostro contributo), ma non si possono sostituire allo Stato, a cui in ultima analisi spetta il compito di preservare il patrimonio pubblico. E che cosa c’è di più pubblico della memoria, della storia, della cultura?

Ma, soprattutto, questi episodi ci interpellano periodicamente con una domanda di fondo: a che cosa serve la cultura umanistica? Perché dovremmo impiegare risorse per preservarla, tanto più in un periodo di difficoltà economiche? È un tema che ho già affrontato in un altro post e che credo sia cruciale. Quello che è in gioco, infatti, non è solo il destino di un bene intangibile ma che – è dimostrato – può generare un beneficio anche economico. C’è in gioco soprattutto la nostra visione di noi stessi, di che cosa intendiamo per benessere e per qualità della vita, di che cosa vogliamo per i nostri figli. In altri termini, la nostra idea di futuro.