A Boston ho trascorso alcuni degli anni migliori della mia vita. Qui ho fatto l’università, e qui sono tornato, alcuni anni dopo, per conseguire un master all’università di Harvard. Potete ben immaginare, quindi, che cosa ho provato il giorno dell’attentato all’arrivo della maratona di Boston.
Di Boston, e più in generale del New England, mi piace tutto. Boston è una grande città colta, tollerante e operosa, nota in tutto il mondo per le sue università che permettono a migliaia di giovani ogni anno non solo di formarsi accademicamente, ma anche di conoscere coetanei provenienti da tutto il mondo. A Boston è nata la democrazia americana, e il mito di Paul Revere – il patriota che con una lunga cavalcata notturna informò gli indipendentisti dell’imminente arrivo delle truppe inglesi – è ancora molto vivo.
Oggi sappiamo chi ha compiuto l’attentato a Boston, anche se non sappiamo con precisione il perché. Colpire una città come quella che vi ho descritto, per di più durante una bellissima gara sportiva, è un gesto feroce e inqualificabile. A Boston, mia “seconda casa”, va tutta la mia solidarietà.
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