La classe dirigente più vecchia d’Europa? È quella italiana

27/06/2012

Economia



Il 17 maggio ero ospite all’Università LUISS per un incontro con gli studenti che si è rivelato, come sempre accade in occasioni di questo tipo, molto stimolante. Tra gli argomenti trattati, ampio spazio è stato dedicato ai giovani, alle loro attuali difficoltà nel trovare spazio nel mondo e nell’immaginarsi un futuro sereno. Lo sappiamo: ogni nuovo dato sulla disoccupazione giovanile in Italia peggiora il precedente, e a giugno, quando scrivo queste righe, secondo l’Istat gli under 24 senza lavoro sono quasi il 30%.

Proprio negli stessi giorni Coldiretti pubblicava un’indagine che potrebbe spiegare, almeno in parte, perché i giovani incontrino così tanti ostacoli durante la loro carriera in Italia: dai dati emerge, infatti, che l’età media della classe dirigente italiana è la più alta d’Europa. Tra i settori più gerontocratici, secondo lo studio, ci sono le banche – con un’età media di 67 anni, pari a quella dei vescovi – e le istituzioni – l’età media dei senatori è 57 anni mentre quella dei deputati 54. Seguono i docenti universitari – 63 anni, i più anziani del mondo industrializzato! – e le aziende, soprattutto quelle a partecipazione statale.

Un conflitto generazionale in piena regola, con molti giovani, spesso preparatissimi, che non riescono nemmeno ad affacciarsi in una “stanza” già troppo affollata. Eppure non credo che la soluzione possa essere una rottamazione di massa. Da alcuni anni, del resto, stiamo chiedendo ai lavoratori di posticipare l’età del pensionamento, proprio per salvare i conti della previdenza pubblica, già abbastanza martoriata da decenni di pensioni precoci, e garantire un futuro pensionistico anche ai giovani.

E allora? Io credo, ancora una volta, nel merito: largo ai giovani bravi e creativi, aperti alle nuove tecnologie, affamati di opportunità. Ma spazio anche ai bravi seniores, portatori di esperienza e quindi in grado di reagire con equilibrio alle eventuali crisi e agli imprevisti: magari disponibili a non fare necessariamente i “capi”, ma anche i maestri o – come si dice adesso – i coach.