Non tutti ricordano che negli anni ’90 anche i paesi scandinavi erano alle prese con un debito insostenibile e una macchina statale appesantita e poco flessibile. Eppure ne sono usciti, fino a diventare oggi un esempio di efficienza ed equità riconosciuto da tutti, al punto che recentemente l’Economist ha dedicato la propria copertina proprio al “supermodello” scandinavo.
Trovo che la ricetta seguita da questi paesi sia un esempio di pragmatismo post-ideologico. Tra il modello socialdemocratico europeo (forte presenza dello Stato, welfare universalistico, ma anche pressione fiscale elevata) e quello liberista anglosassone (meno Stato, più merito, ma anche meno tutele), i quattro paesi nordici hanno scelta una terza via che coniugasse il meglio di entrambi i modelli – penso per esempio agli ospedali pubblici, gestiti spesso da imprese private ma non per questo poco trasparenti.
Il rinnovamento realizzato dal Nord Europa negli ultimi anni è stato quindi il risultato di una serie di scelte lungimiranti e, soprattutto, pragmatiche. Scelte che hanno privilegiato l’efficacia delle soluzioni rispetto ai risvolti ideologici che troppo spesso inquinano la discussione e condizionano le scelte politiche. Certo, le ridotte dimensioni di questi paesi garantiscono una maggiore governabilità. Ma forse, proprio per questo, potrebbero rappresentare il laboratorio ideale dove sperimentare soluzioni valide per tutti.
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