Categories: Economia

Un futuro senza lavoro?

Il progetto The Future of Work della Stanford University vuole coinvolgere i protagonisti del mondo dell’economia, della cultura e della tecnologia per immaginare insieme il futuro – o i futuri – del lavoro. Tra le riflessioni in cui mi sono imbattuto, mi hanno impressionato quelle firmate da Martin Ford, imprenditore e scrittore statunitense, autore di recente di un saggio dal titolo poco rassicurante: “Rise of the robots – Technology and the risk of a jobless future”.

Ford parte da un punto accettato dagli economisti, attuale soprattutto in quest’epoca di rivoluzioni tecnologiche e cambio di paradigmi: è vero, il progresso tecnologico cancella alcune professioni, ma ne crea altre. Ford però aggiunge un elemento a questo scenario: i cavalli. Il secolo scorso, negli Stati Uniti degli anni dieci, c’erano oltre 22 milioni di cavalli. Nel 1960 si erano ridotti ad appena 3 milioni. Come mai? I cavalli non servivano più, né per muoversi, né per i lavori in cui “prestavano” la loro forza agli uomini. Ma cosa c’entrano i cavalli con i lavoratori umani? Secondo Ford molto.

I cavalli in fondo non potevano farci molto con quell’ondata di “disoccupazione” che stava colpendoli: l’uomo aveva inventato mezzi meccanici che sostituivano il loro lavoro in maniera migliore e più efficiente. Ma trattori, trebbiatrici, automobili, avevano bisogno dell’uomo per funzionare, e soprattutto, puntualizza Ford, avevano un punto debole: quelle macchine non sapevano imparare. Come del resto i cavalli. Ma con le macchine di oggi, la situazione è molto differente. Sì, perché le macchine che stanno cambiando e cambieranno il lavoro nei prossimi decenni non vanno a benzina o gasolio – come quelle che avevano “tolto il lavoro” ai cavalli di un secolo fa – le macchine di oggi vanno ad algoritmi. E soprattutto sono capaci di imparare, come e meglio dell’uomo.

Da queste premesse Ford immagina un futuro dove la forbice per la professioni svolte dall’uomo andrà sempre più a stringersi. In fondo, che cosa c’è che fa un uomo, che una macchina non sappia fare? Per fortuna, ancora moltissimo: ma le riflessioni di Martin Ford meritano comunque una lettura.

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