“In tempi di crisi, chi vuoi che spenda per la cultura?”. È una frase che sentiamo dire spesso e che, probabilmente, rispecchia il pensiero di molti. Per fortuna accade esattamente il contrario. Come ho letto nell’ultimo rapporto annuale di Federculture, infatti, tra i pochi settori a mostrare il segno positivo negli ultimi mesi c’è proprio quello relativo alla cultura.
Secondo il rapporto, nel 2011 la spesa delle famiglie in attività culturali ha sfiorato i 71 miliardi di euro, con un aumento del 2,6% rispetto all’anno precedente, e del 7,2% rispetto al 2008, anno in cui è esplosa la crisi finanziaria. Questi dati confermano segnali già emersi di recente: in Italia, negli ultimi dieci anni, il settore cultura e intrattenimento è cresciuto di oltre il 25%, in netta controtendenza rispetto a quasi tutti gli altri indicatori economici.
Suona quindi un po’ strano che, nonostante la crescente domanda di cultura, gli investimenti pubblici siano in continua contrazione. Leggiamo e sentiamo dire ovunque che l’arte è la vera ricchezza dell’Italia, il nostro “oro bianco”, che le bellezze presenti nel nostro Paese sono uniche e vanno conservate e promosse, ma alle parole, come vediamo, non seguono i fatti.
Perché, allora, non cavalcare l’entusiasmo dei nostri connazionali per il nostro inesauribile giacimento di bellezza e puntare con decisione sulla cultura come veicolo di crescita economica per il nostro paese? Non è affatto vero che l’arte e la cultura “non diano da mangiare”. È vero il contrario, e dovremmo ricordarcelo ogni giorno.
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