La crisi economica e il futuro dell’Europa

20/07/2012

Filosofia



Seguendo le vicende internazionali degli ultimi mesi (e ancor di più quelle delle ultime settimane), non si può non registrare un dato di fatto ormai incontestabile: i Paesi europei sono legati a un destino comune. I problemi e le difficoltà di un Paese membro riguardano immediatamente anche tutti gli altri Stati europei, le scelte di un governo (tedesco, spagnolo, greco…) comportano conseguenze che travalicano i vecchi confini nazionali.

Nonostante non ci sia ancora un progetto condiviso e non esistano istituzioni dotate di una reale sovranità, nei dibattiti pubblici di tutto il mondo l’Europa (attuale epicentro della crisi economica) è ormai considerata molto di più che una semplice unione monetaria: è una realtà politica a tutti gli effetti, da cui ci si aspetta che sappia prendere decisioni efficaci e adottare politiche concrete.

Tuttavia, oltre a questo, la crisi sta facendo emergere anche qualcos’altro: la totale mancanza di un’unità d’intenti da parte degli Stati membri. Il Vecchio continente, legato dalla moneta comune, appare oggi quanto mai frammentato e privo di direzione. Le decisioni sono frutto di accordi (o disaccordi) tra i rappresentanti dei vari governi, in base a modalità che il filosofo tedesco Jürgen Habermas ha recentemente definito “postdemocratiche”. I Paesi membri si ostinano a voler mantenere intatta la loro sovranità territoriale, ma questa ostinazione – ed è un vero paradosso – è all’origine di un progressivo indebolimento delle loro istituzioni, a tutto vantaggio dei diktat imposti dal sistema finanziario e dalle agenzie di rating.

Insomma, siamo a un bivio: possiamo andare avanti o indietro, possiamo avere più o meno Europa, ma difficilmente possiamo rimanere come siamo. È proprio durante i periodi di crisi che avvengono i “salti di paradigma”, che ci si unisce e rafforza: lo stesso progetto di costruire un’Europa unita era nato al termine della Seconda guerra mondiale, per scongiurare definitivamente i conflitti tra gli Stati del Vecchio mondo. Anche oggi, come appare evidente a tutti, l’Europa è in crisi. Le guerre del nuovo millennio forse non si combattono più solo con gli eserciti, ma anche attraverso i mercati finanziari, le quotazioni, nelle piazze sempre più virtuali dove perfino gli Stati sembrano avere un prezzo. Oggi come allora, tra gli esiti possibili dell’attuale situazione c’è il rafforzamento di un’intesa, il consolidamento di un’unità: la concreta realizzazione di un progetto non ancora completato, ma che potrebbe essere non più rinviabile.