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Alessandro Benetton, erede “laterale”

SUCCESSO – Con il suo gruppo di « private equity », 21 Partners, il figlio di Luciano Benetton, seguace del pensiero laterale, ha trovato la sua strada dedicandosi agli investimenti nelle PMI. In Francia, in Italia, in Svizzera e in Polonia.

Di Anne Fulda

“Hi, Alessandro! ” si presenta con il nome di battesimo, all’anglosassone. Stretta di mano sincera e un gran sorriso seduttore. Sguardo intelligente da golden boy newyorkese e una vaga somiglianza con suo padre, Luciano, che ha creato e presieduto, insieme al fratello, l’azienda Benetton. Un marchio di fama mondiale che ha segnato la memoria di tutti con i suoi maglioni colorati e i suoi messaggi universali e antirazzisti.
Il tempo è passato, la concorrenza è aumentata. Benetton si è diversificato e, ormai, è diretto da “un amico di famiglia”. E Alessandro, dopo un periodo di transizione al vertice della società, fra il 2012 e il 2014, ha continuato a tracciare il suo percorso. Parallelamente. Per dimostrare che era tutt’altro che “il figlio di”, in un paese in cui i Benetton sono quasi una casata nobiliare sempre sotto la lente d’ingrandimento della stampa. Una famiglia che, sotto l’apparenza rilassata, ama tutelare il proprio rango, dando una certa immagine di successo. Quasi austera con tutta la classe e la sobrietà proprie di una certa cerchia del nord Italia. Non facile essere un rampollo di una simile dinastia. Ciò può sopraffare o costituire un obbligo. Alessandro ha deciso che costituisce un obbligo. Bello, ricco, atletico, sempre a proprio agio, in stretta confidenza con Henry Kissinger, il direttore della Stampa, suo amico, e John Elkann (nipote di Giovanni Agnelli), padrino di suo figlio, avrebbe potuto “godersela”. Diventare un erede “letterale”, proseguendo sui binari già tracciati del lascito di suo padre. Ha preferito farsi da parte. Volando negli Stati Uniti per studiare nelle migliori scuole, prima a Boston e poi a Harvard. Quindi lavorando nella City, presso Morgan Stanley. Lontano dalla campagna italiana, dall’industria tessile e dalla maestosa roccaforte di famiglia a Treviso. Un allontanamento per mettersi alla prova. Per affermarsi. All by myself, come cantava Eric Carmen. Il motto tradizionale “dei figlio di”. Forse per prendere un po’ d’aria, ma questo non lo dirà mai.

Quacchero del Sud
D’altronde non dice mai molto di sé. Riflesso di auto-protezione di un erede estremamente prudente, ponderato, che ha l’abitudine di fuggire dai riflettori, ma che sa mettersi in mostra quando la situazione lo richiede. Lui, che a 8 anni ha posato in shetland giallo per l’azienda di famiglia e, racconta, che a 12 anni puliva le macchine e il pavimento della ditta, ritorna sempre e comunque a parlare della “sua” società, 21 Partners, il fondo di private equity specializzato negli investimenti nelle PMI in Italia, in Francia, in Svizzera e, da un po’ di tempo, in Polonia. L’ha creata nel 1992. Aveva solo 26 anni all’epoca e alcuni dubitavano della sostenibilità del suo business. Ma, seguace della teoria del pensiero laterale, secondo cui grazie all’immaginazione è possibile ritrovarsi dove meno ci si aspetta, Alessandro riuscirà nel suo intento. Certo protetto, come egli stesso ammette, dal paracadute di famiglia che, oltre all’appoggio finanziario, gli ha dato amore, aiuto e, soprattutto, gli ha trasmesso i valori.Valori su cui insiste, come un Quacchero del Sud, che durante il discorso evoca una certa etica, un senso di responsabilità sociale e del dovere a cui non è possibile sfuggire se si porta il nome di Benetton. Impegnato in iniziative umanitarie, specialmente in Africa, si infiamma inoltre quando vengono evocate le ondate di immigrati che giungono sulle coste italiane. E, piuttosto che soffermarsi sulla sua vita e sui suoi hobby, lui, che come tanti altri suoi coetanei è un collezionista di arte contemporanea, cita le società in cui ha investito: come una PMI siciliana attiva nel settore farmaceutico o un’altra francese che si occupa di distributori automatici di bevande i cui fatturati sono aumentati da 50 a 200 milioni di euro nel giro di quattro anni. PMI, spesso a conduzione familiare, in settori non sempre glamour, ma che, secondo lui, “costituiscono la vera spina dorsale dell’economia” e presentano un reale potenziale di sviluppo. Al punto che il gruppo investirà circa 800 milioni di euro nei prossimi sei anni. Amante della filosofia e ardente difensore della lingua latina e greca, Alessandro Benetton ha inoltre diretto, dal 1988 al 1998 la scuderia automobilistica Benetton Formula. La Formula 1, le belle macchine, le belle donne… Forse è questo il neo sulla candida veste di questo manager così perfetto? Lui nega. Se il “bel ragazzo” di una volta che, adolescente, correva dietro le ragazze e sgattaiolava in sella alla sua Vespa, capelli al vento, ha messo la testa a posto, è stato, dice, sempre per l’azienda. L’opportunità di vincere due titoli di campione del mondo, ma anche di confermare che, tra i Benetton, lo sport consente di coniugare i valori di superamento dei propri limiti e del lavoro di squadra. Non è un caso, quindi, che questo grande appassionato di sci e di kitesurf abbia sposato Deborah Compagnoni, un ex-campionessa di sci dalla quale ha avuto tre figli. Figli a cui ripete sempre che, pur essendo privilegiati rispetto ad altri, devono tracciare da soli il proprio cammino. Dei futuri eredi laterali.

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