Sviluppo sostenibile: a che punto siamo?

20/06/2012

Economia



Oggi si apre Rio+20, la conferenza sullo sviluppo sostenibile organizzata dalle Nazioni Unite. Il summit arriva esattamente vent’anni dopo il Vertice della Terra di Rio de Janeiro, e sarà anche un’occasione per fare un bilancio di quello che da allora è stato (o non è stato) fatto per creare le condizioni di uno sviluppo più sostenibile.

Credo che in ogni caso un primo obiettivo sia già stato raggiunto: i temi ambientali sono oggi all’ordine del giorno. La consapevolezza nei cittadini è aumentata notevolmente e in molti  riconoscono la necessità di integrare l’economia con i valori della sostenibilità e della responsabilità sociale. Basti pensare all’espressione green economy, oggi di uso comune: questa indica un sistema econometrico capace di misurare costi e benefici non solo in termini puramente economici, ma anche di impatto ambientale. Un concetto che Robert Kennedy (da cui, tra l’altro, proviene il titolo di questo blog, Each Time a Man) avrebbe certamente condiviso: il Pil, diceva, può misurare quasi tutto, “eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”.

Per lungo tempo si è pensato che, per salvaguardare l’ambiente, fosse necessario arrestare lo sviluppo e la crescita, porre freno a un’economia giudicata predatoria e incapace di controllare il proprio impatto sull’ambiente e sulla società. Oggi il punto di vista di molti è per vari aspetti opposto, ed è in linea con quanto Al Gore sostiene da anni: non solo economia e ambiente possono convivere, ma devono farlo, perché è soltanto da un’economia eticamente ripensata che potranno arrivare le soluzioni per creare un mondo più vivibile e pulito.