Il coraggio di cambiare

10/10/2017

Filosofia, Sport



Cambiare vita, lavoro, direzione, obiettivi. Quante volte l’abbiamo pensato, quanti hanno poi trovato il coraggio di farlo? Perché sì, il fascino del cambio vita è sicuramente alto ma ci vuole anche una dose di audacia, e forza, per lasciare quello che si ha, per decidere di svegliarsi un giorno e avere una nuova vita da scrivere, trovare un nuovo modo di viverla, quella vita lì.

Secondo il Talent Trends 2016, il sondaggio di LinkedIn che ha coinvolto più di 32mila professionisti nel mondo (683 nel nostro Paese), in Italia oltre un lavoratore su 3 ha cambiato occupazione nell’ultimo anno e circa il 30% è alla ricerca di un nuovo impiego. Potrebbe sembrare una percentuale bassa e certamente tra chi è alla ricerca di un nuovo lavoro ci saranno molte persone che lo hanno perso, il “vecchio” lavoro, ma non è neppure un dato insignificante, se si aggiunge al fatto che il 90 per cento degli intervistati ha in programma di cambiare impiego entro l’anno.  La sensazione è che cominciamo ad essere più disposti a cambiare le nostre abitudini, più o meno radicalmente.

Quando parlo di questi temi non posso non pensare ad un personaggio che conosco molto bene, uno che il coraggio l’ha trovato, quello di seguire le proprie passioni e prendere così una strada totalmente diversa da quella che aveva imboccato molti anni prima, tracciando una di quelle linee di discontinuità di cui amo spesso parlare.

Lui si chiama Francesco Vidotto, è nato a Tai di Cadore nelle Dolomiti bellunesi, e ha diviso la sua giovinezza tra la città – per motivi di studio – e le sue amate montagne.
All’ultimo anno di università, facoltà di Economia e Commercio, entra nella società di revisione di bilancio Deloitte & Touche Spa per redigere la tesi di Laurea. Una volta terminati gli studi resta a lavorare per la multinazionale americana fino a raggiungere la posizione di Senior.
Qualche anno più tardi acquista una società di consulenza finanziaria e di gestione d’azienda e ne rimane proprietario per quattro anni sviluppandola in maniera importante e successivamente rivendendola. Dal 2010 collabora con un importante gruppo italiano con il ruolo di General Manager.
Coltiva le passioni di sempre, continua a leggere moltissimo, a cimentarsi nella scrittura e a praticare sport estremi; subacquea, sci alpinismo, free ride, arrampicata, equitazione, trekking.

Qualche anno più tardi, succede qualcosa che lo porta a riflettere sulla sua carriera – importante, in ascesa – che però “gli mangia la vita e il tempo”, per usare una sua espressione. Francesco lascia il lavoro e decide di tornare a casa, tra le sue montagne, per dedicarsi alla scrittura, a tutte quelle storie che sono sempre state con lui e alle quali doveva dare una forma. Nel corso degli anni di lavoro i casuali incontri con Pupi Avati e con Mauro Corona lo avevano già spinto a sperimentare il mondo dell’editoria; ora l’avventura può diventare un lavoro, un lavoro faticoso che richiede pazienza e dedizione ma che ha portato a Francesco grandi soddisfazioni.

Ora dice di essere tornato padrone del suo tempo, adesso che può viverlo in maniera umana senza farsi travolgere dal vortice di impegni e scadenze. Mi piace la sua storia e il suo coraggio, così come la sua scrittura e i suoi incisi che sintetizzano perfettamente la sua filosofia di vita, uno su tutti: La vita ha un tasso di mortalità del 100%. Per questa ragione non dovremmo preoccuparci di morire, bensì di vivere.