Glenn O’Brien racconta di magia e scienza nei quadri di Ouattara Watts

26/03/2012

Arte Contemporanea



In seguito al mio post sulla mostra di Ouattara Watts a New York, ho ricevuto una graditissima sorpresa: un testo inedito del grande giornalista e critico d’arte Glenn O’Brien dedicato a Ouattara.

Ci vorrebbe un libro per spiegare chi è Glenn: i curiosi possono leggere il suo profilo su Wikipedia. A chi ama l’arte contemporanea consiglio invece di gettarsi direttamente sul suo testo, interessantissimo come al solito.

OUATTARA WATTS presented by Vladimir Restoin Roitfeld, New York City

Jean-Michel Basquiat met Ouattara in Paris in 1988 when Basquiat was there for an exhibition. Outtara, born in Cote d’Ivoire, was thirty one, Basquiat born in Brooklyn, son of a Haitian father and Puerto Rican mother, was 27. They were kindred spirits who hit it off immediately. Both men had a princely attitude and the sensibility of a magician, not to mention a gift for painting.

Basquiat convinced Ouattara to come to America, and he arrived in New York in April and they travelled together to New Orleans to attend the city’s famous jazz festival. Basquiat had an exhibition at the Vrej Baghoumian Gallery at the end of the month, which proved to be his last. Although he was plagued with doubts because of criticism in the press, disputes with friends, family, dealers, and others, and he was having difficulties with drugs, he managed to create an extraordinarily powerful exhibition of large, spare, haunting paintings.

After the turmoil that went into the show, the dinner after at Mr.Chow’s restaurant was a triumph. That’s where I met Ouattara, with whom Basquiat was planning his second visit to Africa in the summer. On his first visit Jean-Michel had, coincidentally, visited Oattara’s home town Korhogo in Cote d’Ivoire. But first Basquiat travelled to Maui to restore himself to health.

He returned to New York and purchased tickets for Abidjan, the port city of Cote d’Ivoire, but six days before their departure Basquiat died of a drug overdose in his studio on Great Jones Street in New York City. Basquiat’s dealer Vrej Baghoumian mounted a large retrospective show shortly afterward, and that’s when I saw Outtara again, and we bonded, toasted our good friend and his extraordinary work.

Ouattara settled down in New York, opened up a studio and began painting. You could see the Basquiat affinity and influence but Ouattara was clearly his own man, and the work directly connected West African aesthetics with modernism. You saw tendencies toward what was called neo-expressionism (when they tried to make a movement out of Salle, Schnable, Basquiat, and the young Germans) colliding with African graphic tradition. In 1992 he mounted a large show at Basquiat’s last gallery, Baghoumian, and in short order showed in Paris, Los Angeles, Rome, Milan and Japan, and at such galleries as Gagosian and Leo Koenig.

A family man who is as accomplished in the art of living as in art, Ouattara never seemed in a particular hurry. Over the years I visited his studio and always saw interesting complex work, but he never seemed out to make a big splash. He was almost shy and modest, even though he clearly believed in his work.

Two years ago I was wandering through the Miami Basel art fair when I spotted a painting from far off that drew me in. Getting close I realized it was a magnificent painting by my old friend Ouattara. I think some of us develop our powers over a longer period of time, while some, like Basquiat, are skyrockets. It’s not really about work, but an approach to life. I find that Ouattara has developed a wonderful mature style that has real power and depth. Not a shooting star but a rising sun.

In early February the astute young dealer Vladimir Restoin Roitfeld staged a large Ouattara exhibition in a huge warehouse space in Soho—all large canvases, mostly in bright and earth colors with elements of collage and mixed media. The paintings seem to depict scientific formulas, magic spells, astrological arcana, and mystical mathematics. Imagine the notebooks of Galileo or Leonardo transcribed by a Haitian houngan. Imagine a place where voodoo and the divine pantheon of Africa connects with poetry, astronomy and speculative physics.

All art worthy of the name is magic and conjuring and Ouattara has finally achieved mastery in its practice, uniting ancient lore with the bold techniques of modernism.

Ouattara Watts: Vertigo, Feb. 7-20, 2012, at 560 Washington Street, door 37E, New York, N.Y. 10014

 

OUATTARA WATTS presentato da Vladimir Restoin Roitfeld, New York

Jean-Michel Basquiat incontrò Ouattara a Parigi nel 1988, in occasione di una mostra. Ouattara, nato in Costa d’Avorio, aveva 31 anni; Basquiat, nato a Brooklyn da padre haitiano e madre portoricana, aveva 27 anni. Erano spiriti affini ed entrarono subito in sintonia. Avevano entrambi un atteggiamento principesco e la sensibilità di un mago, nonché naturalmente il dono innato della pittura.

Basquiat convinse Ouattara a trasferirsi in America. Questi arrivò a New York in aprile e insieme si spostarono a New Orleans per partecipare al celebre festival di jazz della città. Alla fine del mese, Basquiat tenne una mostra presso la galleria di Vrej Baghoomian, che si rivelò essere la sua ultima esposizione. Nonostante i dubbi che lo assalirono a causa delle critiche espresse dalla stampa e degli scontri avuti con amici, parenti, mercanti d’arte e altri, e nonostante i suoi problemi con la droga, Basquiat riuscì a realizzare una mostra di straordinaria potenza con grandi dipinti, semplici ma memorabili. Dopo il tumulto sollevato inizialmente, l’esposizione che si tenne la sera successiva al ristorante di Mr. Chow si dimostrò un vero trionfo. Fu qui che incontrai Ouattara, con il quale Basquiat stava progettando il suo secondo viaggio in Africa per l’estate. Durante il suo primo viaggio Jean-Michel aveva visitato, per pura coincidenza, la città natale di Ouattara, Korhogo, in Costa d’Avorio. Ma prima del viaggio, Basquiat si recò a Maui per disintossicarsi e rimettersi in salute.

Tornò quindi a New York dove acquistò i biglietti per Abidjan, città portuale della Costa d’Avorio, ma sei giorni prima della partenza Basquiat morì di overdose nel suo studio a New York, in Great Jones Street. Poco tempo dopo, il mercante d’arte di Basquiat, Vrej Baghoomian, organizzò una grande mostra retrospettiva e fu in questa occasione che incontrai di nuovo Ouattara, dove legammo e brindammo insieme al nostro buon amico e alla sua opera straordinaria.

Ouattara si sistemò a New York, dove aprì uno studio e iniziò a dipingere. Anche se nella sua opera si poteva intravedere l’influenza di Basquiat e un’affinità con la sua arte, Ouattara possedeva chiaramente uno stile indipendente e il suo lavoro creava un legame diretto tra la cultura estetica dell’Africa occidentale e il modernismo. Si poteva scorgere una certa tendenza verso ciò che veniva chiamato neo-espressionismo (quando si tentò di creare un movimento artistico dalle opere di Salle, Schnable, Basquiat e dei giovani artisti tedeschi) e il suo contrasto con la tradizione grafica africana. Nel 1992 Ouattara realizzò una grande mostra presso la galleria che accolse l’ultima esposizione di Basquiat, Baghoomian, e in un battibaleno le sue opere vennero esposte a Parigi, Los Angeles, Roma, Milano e Giappone, nonché nelle gallerie di Gagosian e di Leo Koenig.

Come buon padre di famiglia abituato all’arte del “vivere come nell’arte”, Ouattara non dimostrò mai una particolare premura. Nel corso degli anni ho visitato il suo studio e ho sempre potuto ammirare interessanti opere complesse, anche se l’artista non sembrava mai voler fare sensazione. Si dimostrava quasi timido e modesto, anche se chiaramente credeva nella sua opera.

Due anni fa mi stavo aggirando per la fiera d’arte di Miami Basel quando in lontananza scorsi un dipinto che mi colpì. Avvicinandomi, mi accorsi che si trattava di un magnifico dipinto del mio vecchio amico Ouattara. Credo che alcuni di noi abbiamo bisogno di molto tempo per sviluppare le proprie potenzialità, mentre altri, come Basquiat, sono dei razzi. Non si tratta in realtà di lavoro, ma di un approccio alla vita. Trovo che Ouattara sia riuscito a raggiungere un’eccezionale maturità di stile, con potere e profondità reali. Non una stella cadente, ma un sole che sorge.

All’inizio di febbraio, Vladimir Restoin Roitfeld, giovane e perspicace mercante d’arte, ha organizzato una grande mostra sull’opera di Ouattara all’interno di un vasto magazzino di Soho, con tele di grandi dimensioni, per lo più dai colori brillanti e terreni, con elementi di collage e supporti misti. I dipinti sembrano raffigurare formule scientifiche, formule magiche, misteri astrologici e una concezione mistica della matematica. Provate a immaginare gli appunti di Galileo o di Leonardo trascritti da un’oungan haitiano. Provate a immaginare un posto dove la religione vudù e il pantheon delle divinità africane si uniscono alla poesia, all’astronomia e alla fisica speculativa.

Tutta l’arte meritevole di questo nome è magica e ricca di giochi di prestigio, e Ouattara ha finalmente raggiunto la piena maestria nelle sue opere, riuscendo a fondere il folclore antico con le audaci tecniche del modernismo.