I giovani italiani? Tutt’altro che “choosy”

27/11/2012

Economia



È uscito qualche giorno fa uno studio di Bankitalia sull’occupazione giovanile. Al solito, è stato difficile leggerci buone nuove: il tasso di disoccupazione è sempre alto, troppo alto. Tuttavia, è stato anche interessante scorrere il report alla luce delle polemiche seguite alle parole del ministro Fornero sul tema. Sono “choosy” i nostri giovani, quando si tratta di accettare o meno un lavoro? Sono schizzinosi al punto di rinunciare a impegnarsi e guadagnarsi il futuro, e preferiscono aspettare il lavoro dei sogni?

I dati dello studio di Bankitalia dipingono un quadro diverso. Un laureato su quattro svolge un’occupazione con “bassa o nessuna qualifica”, e uno su tre ha un lavoro diverso da quello per il quale ha studiato. Il dato, come era prevedibile, peggiora tra i laureati in materia umanistiche – ed è un vero spreco, specialmente in un paese con il nostro enorme e (spesso poco valorizzato) patrimonio culturale. Questi sono ragazzi che a malincuore rinunciano alle loro legittime ambizioni. Che si rimboccano le maniche per imparare mestieri che mai avrebbero pensato di svolgere all’inizio del loro percorsi di studi.

Guardare all’estero rafforza la convinzione che i nostri giovani non siano affatto schizzinosi, anzi: lo studio di Bankitalia mostra anche che i laureati italiani si adattano più di altri, per esempio più di quelli tedeschi. Con la campagna Unemployee of the Year, abbiamo deciso di affrontare alcuni luoghi comuni che circondano il tema della disoccupazione giovanile. Non è affatto vero che i nostri giovani sono pigri, svogliati, anarchici. Oggi sappiamo che non sono neanche “choosy”.