Franzen e new media: riflessioni o preconcetti?

18/06/2012

Filosofia



Tra i libri che nell’ultimo periodo ho letto più volentieri, c’è senza dubbio Libertà di Jonathan Franzen, un romanzo ambientato nell’America post 11 settembre, che ha riscosso ampio successo sia di pubblico che di critica. Credo sia un esempio di come la letteratura possa ancora raccontare il presente, le tensioni e le contraddizioni del mondo in cui viviamo, e di come leggere un libro possa essere istruttivo oltre che piacevole.

Ho appreso di recente dal New York Times che lo scrittore ha appena pubblicato un nuovo libro di saggi, dal titolo Farther Away. Gli scritti raccolti nel volume affrontano diversi temi: dall’Ulisse di James Joyce, a David Foster Wallace – scrittore morto suicida nel 2008, nonché amico dello stesso Franzen –, dal “ruolo dello scrittore”, fino alle nuove tecnologie, un argomento spesso trattato (e criticato) dall’autore.

Come è noto per chi lo segue, infatti, tra i suoi acerrimi nemici ci sono Apple, iPhone, Twitter, e-book e, naturalmente, Facebook. Di Twitter ha detto che rappresenta tutto ciò che detesta, che il limite dei 140 caratteri impone un’intollerabile semplificazione della scrittura e del pensiero e che, in passato, ha dovuto lottare per otto settimane per far chiudere un profilo di un impostore che si spacciava per lui. Quanto a Facebook, Franzen racconta di aver mantenuto il suo profilo attivo per non più di pochi giorni, mentre considera gli e-book addirittura dannosi per la società.

Anch’io credo sia giusto guardare criticamente alle nuove tecnologie. Ne ho parlato in diversi post e, in generale, penso che ogni nuovo strumento contenga potenzialità ma anche molti rischi. A volte, però, ho l’impressione che Franzen vada al di là di una doverosa riflessione critica. Il suo mi sembra in alcuni casi un rifiuto totale, per certi aspetti un preconcetto nei confronti del “nuovo”: quando l’autore parla del suo amore per il profumo della carta stampata e afferma che Apple ha irrimediabilmente danneggiato le nuove generazioni, mi pare di avvertire quella “nostalgia del buon tempo antico” in cui si rischia di scivolare quando si critica l’esistente. Forse sarebbe più utile riconoscere, anche a proposito dei new media, che il problema non è tanto la tecnologia in sé e per sé, quanto l’uso talvolta “perverso” che ne facciamo.