Dove vanno a finire le tasse?

31/08/2011

Economia



Ci aveva provato Tommaso Padoa Schioppa, all’epoca ministro, a dire che “le tasse sono bellissime”. Intendeva dire, naturalmente, che con i proventi delle tasse si finanziano opere utili come scuole, strade, ospedali. E già Winston Churchill diceva che “there is no such thing as a good tax”.

Certo le tasse – che vanno senza dubbio pagate, belle o brutte che siano – sono un elemento chiave della convivenza in una società democratica e in linea di principio un grande riequilibratore di risorse. Eppure ogni tentativo di tesserne le lodi rischia di riscuotere ben poco successo, in Italia come altrove. Motivi pratici? Certo, ma non solo: dispiacersi perché parte di quello che guadagnamo esce dalle nostre tasche è assolutamente razionale. Tuttavia la reazione istintiva che molti hanno davanti alle tasse è più negativa rispetto a un costo di pari entità ma che non è una tassa: quando le persone devono affrontare un costo, si comportano in modo diverso se si tratta di un’imposta oppure no.

Questione di nome? Più probabilmente di trasparenza nella destinazione.

La “tassa” è percepita come un esborso opaco, cioè non è evidente come una certa tassa venga impiegata per finanziare un certo servizio. Maggiore trasparenza aiuterebbe i contribuenti a percepire le tasse come più eque, soprattutto in quei segmenti di popolazione che sono da sempre ideologicamente avversi ad alti livelli di tassazione. Spero, quindi, che sempre di più si possa sapere – nei limiti del possibile – dove va a finire il denaro che versiamo sotto forma di imposte. Forse non basterebbe a rendere le tasse “bellissime”, ma credo che ridurrebbe la sgradevole sensazione di un esborso il cui beneficio non è misurabile.

Per approfondimenti: blog di Meir Statman