Avanti adagio: le sfide del Brasile di domani

08/09/2015

Economia



Il Brasile è un’economia da tempo ormai ben più che emergente: ma la “B” dei Paesi BRIC – Brasile, Russia, India e Cina – mostra anche indicatori economici meno stellari rispetto a qualche anno fa. Per il 2015 si stima che PIL potrebbe scendere dell’1,3% – a causa del crollo dei prezzi di molte materie prime, come ferro, petrolio e caffè – mentre la valuta locale, il real, negli ultimi 12 mesi si è deprezzato del 40% nei confronti del dollaro. E soprattutto in vista delle prossime Olimpiadi – in programma nel 2016 a Rio de Janeiro – c’è chi vede il proverbiale bicchiere mezzo vuoto: soprattutto per quel che riguarda le infrastrutture.

The Economist ha preso di petto la questione, raccontando di come il World Economic Forum inserisca il Brasile solo al 120° posto su 144 per la qualità delle infrastrutture per i trasporti. Già, perché il Brasile ha un grosso gap infrastrutturale ed è decisamente poco attrattivo per gli investitori esteri, cui il governo cerca di offrire concessioni per costruire o ampliare strade, porti, aeroporti. Una delle ultime aste infatti – indetta per la costruzione di porti e ferrovie – è andata deserta.

Condizioni poco interessanti e probabilmente poco remunerative per gli investitori internazionali, che hanno scelto per il momento di passare la mano. Alcuni progetti sono comunque grandiosi: come la ferrovia transoceanica per unire Atlantico e Pacifico, in parte finanziata da fondi cinesi, che però potrebbe non venire mai completata in vista di un allargamento del Canale di Panama. Eppure negli ultimi anni il Brasile e i brasiliani hanno moltissimo di cui essere orgogliosi: per esempio il piano “fame zero”, fatto partire ormai più di dieci anni fa, nel 2003, che ha più che dimezzato la popolazione malnutrita del Paese – un dato altissimo nel 2012, il 10,7% – abbassato la mortalità infantile e l’indice di povertà. Dati da tenere bene in mente, più di qualunque fluttuazione del PIL.